Moriremo Cinque StelleOsservatorio sul fenomeno Movimento Cinque Stelle, Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio

0 Cinque stelle, mille sapori, e il popolo delle scimmie

Un brillante contributo di Raffaele Ventura sul suo blog Eschaton mette il dito, con una geniale analogia disneyana, su una delle caratteristiche fondanti del grillismo: è quello che ciascuno vuole vederci dentro. Un movimento che, accogliendo tutte le idee, in pratica non ne ha nessuna:

Il famoso venticinque percento di Grillo è prodotto dall’aggregazione di domande politiche molto differenti, apparentemente inconciliabili, forse contraddittorie. Ma è qui che le cose diventano interessanti. Inconciliabili, non c’è dubbio che lo siano nella pratica: d’altronde Grillo stesso non pensava sicuramente a un programma di governo. [...] Lo straordinario successo di Grillo è dunque di avere costruito un discorso capace di tenere assieme, per un attimo, cose che sembrava impossibile tenere assieme.

Altra interessante osservazione è quella riportata sul ceto politico a cui il M5S si rivolge:

Come ha detto Carlo Freccero qualche giorno fa in un dibattito televisivo, “Grillo ha proletarizzato il piccolo imprenditore”. Ha inventato — sul piano simbolico, linguistico, ovvero strategico e sostanzialmente politico — una nuova classe sociale, composta nientemeno che da tutti coloro che si sentono vittime un’ingiustizia.

Ma siamo sicuri che l’abbia inventata? O non ha anche qui riproposto qualcosa dal sapore antico?

[...] La piccola borghesia, che ha definitivamente perduto ogni speranza di riacquistare una funzione produttiva (solo oggi una speranza di questo genere si riaffaccia, coi tentativi del Partito popolare per ridare importanza alla piccola proprietà agricola e coi tentativi dei funzionari della Confederazione generale del Lavoro per galvanizzare il morticino-controllo sindacale) cerca in ogni modo di conservare una posizione di iniziativa storica: essa scimmieggia la classe operaia, scende in piazza.

Questa nuova tattica si attua nei modi e nelle forme consentiti ad una classe di chiacchieroni, di scettici, di corrotti: lo svolgimento dei fatti che ha preso il nome di “radiose giornate di maggio”, con tutti i loro riflessi giornalistici, oratori, teatrali, piazzaioli durante la guerra, è come la proiezione nella realtà di una novella della jungla del Kipling: la novella del Bandar-Log, del popolo delle scimmie, il quale crede di essere superiore a tutti gli altri popoli della jungla, di possedere tutta l’intelligenza, tutta l’intuizione storica, tutto lo spirito rivoluzionario, tutta la sapienza di governo, ecc., ecc.

Era avvenuto questo: la piccola borghesia, che si era asservita al potere governativo attraverso la corruzione parlamentare, muta la forma della sua prestazione d’opera, diventa antiparlamentare e cerca di corrompere la piazza. Nel periodo della guerra il Parlamento decade completamente: la piccola borghesia cerca di consolidare la sua nuova posizione e si illude di aver realmente ucciso la lotta di classe, di aver preso la direzione della classe operaia e contadina, di aver sostituito l’idea socialista, immanente nelle masse, con uno strano e bislacco miscuglio ideologico di imperialismo nazionalista, di “vero rivoluzionarismo”, di “sindacalismo nazionale”. [...]

Sono parole di Antonio Gramsci, che potrebbero ricordare qualcosa.

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